Claudio Salocchi è stato un architetto e un designer italiano, protagonista del fermento creativo degli anni Sessanta e Settanta, che ha saputo interpretare le trasformazioni di quel periodo in una visione progettuale anticipatoria di forme, funzionalità, tecnologie e tipologie nuove che sarebbero divenute tendenze molti anni dopo.
La sua lunga carriera lo ha visto impegnato per più di cinquant’anni in campo internazionale nei settori dell’industrial design, dell’architettura e dell’interior design.
Figura indipendente e non etichettabile, la sua produzione di designer è legata soprattutto alla collaborazione esclusiva con alcune aziende nate in quel periodo, ma che si imposero velocemente per l’unicità dei loro prodotti, dando alla storia del Design Italiano un contributo importante che necessita di essere in parte riscoperto e approfondito.
All’inizio degli anni Sessanta risale il sodalizio creativo con il giovane imprenditore Luigi Sormani che durerà per vent’anni: tra i pezzi più significativi la nota libreria girevole Centro, il suo primo prodotto disegnato nel 1959, ma anche progetti avveniristici come la serie Elisse, nel 1966, caratterizzata dall’uso innovativo di profili estrusi di alluminio, elevato a valore estetico e funzionale e, nello stesso anno la sedia Lia seduta in cuoio dall’originale profilo a sbalzo in avanti, composta da una struttura in barre di leghe di alluminio, piegate a freddo. È del 1968 l’archetipico Paione, “divano” basso e profondo, costituito da elementi variamente componibili che rivoluzionano la zona giorno, portando al centro dello spazio un nuovo modo di vivere più informale e conviviale. Nel 1971 sempre con Sormani entra in produzione Aloa, una delle primissime lampade a fonte di luce alogena per uso domestico. Nello stesso anno al Salone del Mobile viene presentato l’Appoggio, anomala seduta verticale, immaginata per le nuove esigenze del lavoro, del trasporto, dell’attesa… anche di un mondo nuovo.
Altrettanto originali sono i progetti di illuminazione e di arredi imbottiti, firmati negli anni Settanta e Ottanta con il marchio Skipper, che propongono sempre nuovi stili di vita.
La lampada Ri-flessione, il divano Feeling e soprattutto il Free System materializzano in forma di arredi l’utopia di una casa moderna e anticonformista.
In questi decenni, irripetibili per l’apertura alla sperimentazione da parte dell’imprenditoria italiana si colloca l’esperienza creativa con Lumenform che porta alla luce diverse serie modulari in vetro soffiato come, ad esempio il modello da terra Zea, del 1968 e l’Onda, sistema da soffitto e da parete, ma anche la Fluo, essenziale stelo in estruso di alluminio che avvolge un semplice tubo fluorescente e, infine nel 1971 la metafisica lampada da tavolo Tulpa.
Dalla metà degli anni Ottanta inizia la lunga collaborazione con Rossi di Albizzate nell’ambito degli imbottiti di alta gamma, in un ritorno a tipologie di arredo più tradizionali, ma sempre impreziosite da dettagli innovativi e personali.
Nel contesto produttivo di trasformazione dell’industrial design, dagli anni ’90 si afferma anche per Claudio Salocchi la stretta relazione con la produzione artigianale, in particolare Bottega Gadda e Pierluigi Ghianda, in un continuo rimando tra design e architettura, dove i progetti recuperano lo spirito del Genius loci e gli oggetti vengono proposti anche in serie limitate e dedicate.
Abbracciano infine l’intero cinquantennio di attività di Claudio Salocchi tutti i progetti per Alberti Cucine, nati dalla metà degli anni ’60 con la prima versione del modello S60, con il quale introduce i nuovi standard ergonomici e del lavoro domestico. Per la sua ricerca di sintesi tra forma e funzione, l’apice di questo assiduo lavoro può considerarsi il progetto del MetrOsistema, programma di contenitori multifunzionali, premiato nel 1979 con il Compasso d’Oro.
Socio dal 1967 dell’ADI, Associazione per il Disegno Industriale, di cui è stato vicepresidente tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90, ha partecipato attivamente alla promozione del design italiano.
Si è occupato anche di ricerca, interessandosi sia agli aspetti della prefabbricazione, sia ai problemi di creatività e di progettazione globale, partecipando a diverse edizioni di Eurodomus e, con la collaborazione trasversale di amici artisti come Ugo Carrega e Vincenzo Ferrari con cui aveva formato il gruppo “Ricerche Non Finalizzate”, prende parte alle esposizioni della Triennale di Milano del 1968 e del 1973. Proprio nella 15esima edizione del ‘73 viene presentata, con Sormani l’originale serie di tavoli ed espositori Napoleone
Nel 1984 organizza e cura alla Fiera di Milano l’importante mostra “Cucina&Cultura”, affrontando, in grande anticipo sulle più recenti tendenze, le relazioni tra ambiti complementari.
Nel campo dell’architettura il suo lavoro progettuale si è espresso al meglio nelle riqualificazioni di edifici preesistenti che, ricomposti in modo funzionale e moderno hanno trovato un nuovo dialogo tra i territori dell’anima e del paesaggio, spesso con il tramite magico dell’arte contemporanea. E così pure vanno ricordati diversi allestimenti espositivi, sorprendenti e all’avanguardia, nel settore dell’arredamento e della gioielleria, che hanno saputo coinvolgere lo spettatore in una visione sintetica fatta di ambientazione e ricercati dettagli.